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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435
Giovanni Di Stefano. Errori Significanti. Opere dal 1983 al 2022
Alla Galleria 1/9unosunove di Roma dal 19 maggio al 16 luglio 2022
GDS – Jatrakor non era solo il luogo dove esporre e – in parte – realizzare, i nostri esperimenti, ma anche uno spazio dove discutere su i problemi dell’arte. Lo facevamo pubblicamente, ma anche nelle nostre riunioni, nelle quali, a volte, presentavamo al gruppo, ognuno le proprie ricerche. Queste venivano analizzate da tutti noi, anche per verificarne l’efficacia e la corrispondenza con la teoria eventualista. Alcune mie idee si sono spesso arricchite del contributo decisivo di altri membri del gruppo. Ricordo che avevo la sensazione di far parte di un piccolo insieme di rivoluzionari che si batteva, con le idee, contro le grandi gallerie. Allora le correnti artistiche più accreditate erano il “neo-espressionismo“ e la cosiddetta “pittura colta“.
Il mio primo contatto con la teoria e con il gruppo eventualista è avvenuto leggendo il primo numero della Rivista di Psicologia dell’Arte’. In particolare mi aveva colpito un articolo di Sergio Lombardo, che conteneva la soluzione ad un problema che mi occupava molto in quel periodo.
Ero studente di pittura all’ Accademia di Belle Arti e cercavo di realizzare delle opere spontanee in pittura. Prima attraverso un’ arte di tipo informale, poi con lavori vicini alla body art. Con l’andare del tempo mi resi conto però che il risultato era, al contrario di quanto desiderato, artificiale. Recitavo delle emozioni. La soluzione, che proponeva Sergio in quel testo, era quella di utilizzare “un compito insignificante e ripetitivo” (Lombardo, 1979) , simile a quella che consigliava Watzlawick nel suo “Il linguaggio del cambiamento”.
Se lo sforzo di essere spontanei genera azioni non autentiche, l’intervento risolutivo consiste nel progettare l’esecuzione nei minimi particolari, attenersi meccanicamente al progetto, tentando di non esprimere nulla. Gli errori che si manifesteranno saranno espressione spontanea dell’esecutore. Così sono nati i miei “Esperimenti di Pittura Cieca”. Dico questo non solo per raccontare come – e perché – mi sono avvicinato all’ eventualismo, ma anche per spiegare perché le discussioni, di cui parli, avevano un’importanza fondamentale per noi.
Giovanni Di Stefano, Esperimento di pittura cieca con cerchio – 13.01.1984 photo credits: Archivio Centro Studi Jartrakor
GDS – In realtà ricordo che quella sera, del 13 Gennaio del 1984, non ero preso dalla furia della pittura d’azione, bensì concentrato nel compito da eseguire. Dovevo riempire, lavorando ad occhi bendati, un cerchio del diametro di circa 90 cm (se ricordo bene), che era disegnato al centro di un foglio di carta quadrato, di 270 cm di lato. Il tentativo era quello di coprire completamente l’intera superficie del cerchio, senza oltrepassarne la linea nera della circonferenza. Inoltre, a questo compito – già molto complesso – era stata aggiunta una difficoltà in più: il tempo a disposizione è stato estratto a sorte – mentre io ero bendato – tra sei diversi, che andavano da 30 a 105 minuti.
La mia più grande preoccupazione era quella di non aver abbastanza tempo per riuscire a coprire l’intera superficie del cerchio.
Giovanni Di Stefano, Esperimento di pittura cieca con cerchio – 13/01/1984, grafite e pennarello su carta, 270 x 270 cm, photo credits: Giorgio Benni
Giovanni Di Stefano, +, 2014, carta e cornice, 42,2 x 42,2 cm, photo credits: Giorgio Benni
Penso che la versione bianca della mia serie degli Strappi, abbia un debito con i Concetti Spaziali di Fontana (più i tagli che i buchi) o con gli Achrome di Manzoni, ma ancora di più vedo un collegamento con i monocromi di Sergio Lombardo, anzi più esattamente con un quadro di quella serie: “Nero 56”, nel quale i fogli di carta, incollati su la superficie della tela, sono strappati.
Posso dire che se si analizzano con attenzione i lavori esposti in questa mia mostra, tutti derivano – in qualche modo – da “Nero 56” di Sergio. I Monocromi di Lombardo vogliono essere quadri senza fantasia, senza espressione, senza ispirazione. Vogliono essere oggetti non artistici, pongono quindi un problema di interpretazione. Anche perché le immagini risultanti hanno, nonostante le intenzioni, un grande fascino: è affascinante lo schema logico uniforme che costituisce l’opera, l’ossessiva ripetizione del modulo, ma anche la sua negazione: gli errori.
I miei lavori, sviluppano, a modo mio, proprio questa scoperta di Sergio: l’errore come espressione spontanea. Quindi si possono, legittimamente, notare delle analogie formali, tra i miei quadri e le opere degli artisti che citi, non bisogna però dimenticare le differenze teoriche e di metodo.
Giovanni Di Stefano, Esperimenti di pittura cieca – 08/03/1983 – Carolyn Christov-Bakargiev, 1983, grafite e pennarello su carta, 100 x 100 cm, photo credits: Giorgio Benni
In seguito, nei miei successivi Esperimenti di Pittura Cieca con Laser, mi sono allontanato dalla materialità della grafite e modificato il compito riducendo a un punto lo stimolo.
L’esecutore doveva infatti trovare, lavorando in una stanza buia, un “punto“ su un foglio di carta fotosensibile, con l‘ausilio di un raggio laser.
Il punto è l’elemento minimo del disegno che entra in relazione con la superficie e la modifica.
Da questo lavoro è derivato poi il lavoro con i dardi, nel quale l’esecutore deve cercare di colpire il centro di una superficie. Mentre nei lavori con il laser, l‘esecuzione al buio ricorda la deprivazione visiva utilizzata nei lavori di Pittura Cieca precedenti, nel caso dei dardi questo aspetto non è presente. I quadri con i dardi si ispirano alla Pittura Stocastica di Lombardo, ma la collocazione dei punti che modificano la superficie, nel mio caso, invece che essere estratta a sorte, viene decisa dal lancio di un dardo. È quindi, anche qui presente, l’elemento dell’errore umano, come atto creativo involontario, e l’azione, il movimento, il corpo.
La tenacia che hai notato nel film dArts, è la stessa che ho dimostrato nei grandi lavori di Pittura Cieca. Ho cercato di trovare una soluzione a un problema: superare il paradosso della spontaneità e l’ho fatto adottando un metodo paradossale a sua volta, progettando azioni involontarie. Se qualcuno vede un messaggio nel fatto di mostrare l’errore come esempio di bellezza, la cosa non mi disturba affatto, anzi.
Giovanni Di Stefano, dArts, 2015, acrilico su legno, due dardi, 50 scatole di legno e calamite, 100 x 200 cm, photo credits: Giorgio Benni
Giovanni Di Stefano, Linee, 2009, acrilico su MDF, dimensioni variabili, 200 x 200 x 2 cm, 18 moduli, photo credits: Giorgio Benni
GDS – Immagino che quando parli di pianoforte poggiato all’insù ti riferisca all’opera “Linee”, con il suo alternarsi di elementi neri (le aste in MDF dipinte di nero), e lo sfondo bianco del muro, spazio tra una “linea” e l’altra. A me più che un pianoforte fa pensare alle “Aste” di Lombardo.
L’opera di Sergio però, oltre ad essere di vari colori, prevedeva la partecipazione attiva del pubblico, non esisteva un modo giusto di mettere le sue “Aste”. Il titolo del mio lavoro è “Linee”, perché volevo collegare quest’opera ai miei Esperimenti di Pittura Cieca con Linee.
Giovanni Di Stefano, Esperimento con linee – 18/04/2018, grafite su carta, 52,5 x 42,5 cm, photo credits: Giorgio Benni
Giovanni Di Stefano, Linee, 2009, acrilico su MDF, dimensioni variabili, 200 x 200 x 2 cm, 18 moduli.
Ci sono solo due modi di esporre quest’opera. Uno è quello che hai visto in mostra: con le assi di legno distanziate una dall’altra. L’altro è unire le aste tra l’oro, a ricomporre l’insieme che sono: un quadrato 200 x 200 cm in MDF. La metà di questo quadrato è stato tagliato, da un falegname, in dieci “linee “ verticali, che misurano 10 centimetri di larghezza. La seconda metà l’ho tagliata io, molto velocemente, con una sega elettrica, senza prendere misure e facendo un bel po’ di errori.
Giovanni Di Stefano, Esperimento di pittura cieca – 25/02/1983 Giancarlo Masala, 1983, collage e grafite su cartoncino, 33 x 35 cm, photo credits: Giorgio Benni
Giovanni Di Stefano, Strappi, 2007, collage e cornici (160 x 160 cm, 16 moduli) [in basso] e video (Durata 29′ 40″) [in alto].