PROVE DI MEMORIA

Nel 1985 esposi al Centro Studi Jartrakor di Roma, una serie di lavori dal titolo Prove di memoria ; i quadri, tutti di notevoli dimensioni, presentavano due figure diverse sovrapposte: il contorno di un poligono irregolare realizzato sulla base di numeri estratti a sorte (seguendo il metodo ideato da Attneave), e una forma costituita da un fitto intreccio di segni. La seconda era il risultato del tentativo di riprodurre ad occhi bendati la prima e di campirne lo spazio interno. Il contrasto tra geometria e gesto spontaneo era accentuato dalle diverse modalità di esecuzione e dal diverso materiale adottato. I contorni – netti – della figura da riempire, erano stati preparati a tempera, mentre l‘esecuzione vera e propria era realizzata a grafite.
Gli errori di memoria e di orientamento avevano trasformato durante l‘esecuzione lo stimolo iniziale in una versione personalizzata; la figura realizzata con un metodo aleatorio, per definizione senza senso, aveva acquistato un aspetto originale e psicologicamente significativo. L‘errore di memoria veniva mostrato come atto creativo involontario. La presenza simultanea in questi lavori dell‘immagine-stimolo (progetto) e dell‘esecuzione, crea nel fruitore uno stato di tensione emotiva, dovuto alla necessità di ricondurre ad un unico pattern visivo le due figure, esaltate nella loro diversità dalla sovrapposizione: così l‘esperienza dell‘osservatore trova alcuni punti di contatto con quella dell‘esecutore.

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Nel 1993 ho ripreso il lavoro sulla memoria utilizzando un mezzo di documentazione dell‘evento diverso dal quadro: in collaborazione con Alberto D‘Amico e con alcuni studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, ho realizzato un video che illustra i risultati di un esperimento sulla memoria visiva. In questo caso il compito era svolto da più persone che lavoravano in successione. Lo stimolo iniziale era costituito da alcune forme geometriche di colore bianco collocate casualmente sopra un piano nero. Il primo soggetto aveva alcuni secondi per memorizzare l‘immagine, quindi con lo stesso materiale doveva cercare di riprodurla.
L‘aspetto gestuale dei lavori precedenti viene quindi abolito. L‘esperimento continuava utilizzando ogni volta come stimolo la riposta del soggetto precedente, giungendo infine a un risultato molto diverso dall‘immagine iniziale. Tutti i passaggi venivano man mano documentati utilizzando la tecnica del cinema di animazione, che consente al fruitore di seguire gli spostamenti effettuati sotto forma di movimenti. Anche questo video come i quadri del 1985 ha il titolo di Prove di memoria ; questo per sottolineare le analogie presenti nei due lavori, più che le diversità dovute alle modalità di esecuzione. Sia in un caso che nell‘altro il soggetto che esegue il compito non può verificare immediatamente l‘esattezza del proprio operato, in un caso perchè bendato, nell‘altro perchè l‘immagine-stimolo è assente. In entrambe le situazioni l‘esecutore risponde all‘impedimento traendo conclusioni arbitrarie, basate sulla propria interpretazione e memorizzazione dell‘ immagine, quindi trasformandola involontariamente. Una delle differenze fondamentali tra i due lavori è il numero di persone coinvolte nell‘esecuzione. Nei lavori di Pittura Cieca precedenti c‘era l‘esaltazione dell‘esecuzione individuale, il mezzo cinematografico invece, soffermandosi pochissimo sulle singole risposte, combina le variazioni individuali in una continuità con tendenze prevalenti.